“Le jàte” in dialetto e le “betae” latine dell’Antica Roma

Essendo approdate su RAI UNO le bietole con la diretta sugli ortaggi della Frazione Loconia, che visitavo da Maestro di Scuola con gli alunni negli anni ’70, abbiamo voluto aggiungere una pagina di ricerca letteraria al Libro di Dialettologia “Sulle vie dei ciottoli del dialetto Canosino”, opera curata dai personali studi culturali e letterari nel 2015.

Le bietole in dialetto pugliese: le jàte

Rievochiamo nella memoria dei nostri padri del ‘900 le bietole selvatiche, “le jàte”, ortaggio della beta vulgaris.

Dialettando in Puglia, nella terra di Foggia, nella Lucania, nel Molise, ritroviamo il lemma dialettale “jàte” o “jète”. Così evoca la voce popolare a Panni, in Provincia di Foggia, a Matera, a Bagnoli Irpino dove, nella vigilia di Natale, si mangia “la pizza cu la jèta”, (la pizza con le bietole).

L’etimologia del lessico dialettale “jète” o “jàte” deriva dal termine regionale “bieta” di bietola, riportato nel Dizionario di Lingua Italiana Palazzi dei tempi della mia Scuola Media. L’evocazione tramandata oralmente della parola “biéta”, accentando le vocali, sopprime la consonante iniziale e si trasforma in “jéte” o “jàte” nel lessico canosino.

Le bietole o “Betae”: ortaggio dell’Antica Roma

Seguendo il metodo di studio del mio Libro di Dialettologia, avviando lo studio dal dizionario in Latino, ritroviamo gli scrittori dell’Antica Roma, ricercando per la prima volta le opere e i testi degli autori, per riscoprire l’uso a tavola delle bietole.

Già nel Medioevo la bietola era coltivata e mangiata, ritrovando il lemma del Glossarium Latinitatis del Du Cange, in cui si richiama l’attenzione a non equivocare “herbam et litteram”, l’erba detta in latino “Beta” dalla Lettera Beta dell’Alfabeto greco.

La Bietola dell’orto di Columella

Lo scrittore romano del I secolo, esperto di Agricoltura nel trattato De Re Rustica, al Libro X, De Cultu Hortorum, vv. 251-254 così scrive nella coltivazione degli orti.

“Nomine tum Graio, ceu littera proxima primae
pangitur in cera docti mucrone magistri,
sic et humo pingui ferratae cuspidis ictu
deprimitur folio viridis, pede candida beta.

“Or come dal dotto maestro di nome Graio, su cera viene incisa con lo stilo appuntito la lettera Beta (prossima alla prima), così da noi viene scavata con un colpo di punta di ferro nella terra feconda la Bieta che ha le foglie verdi e bianco il gambo (la barba)”.

È il gambo bianco che dà origine al nome “barba-bietola” da orto, o “Beta vulgaris” di cui si consumano le foglie, ricche di acido folico e di sali minerali.

La Bietola “leggera” di tutto l’anno del naturalista Plinio il Vecchio

Plauto nelle Commedie cita al v. 815 la presenza nell’orto della Bietola fra gli ortaggi: herbas… betam.

Cicerone cita la bietola nell’Epistola XCI a Gallo, lamentando la dissenteria: “a beta e a malva deceptus sum”. Ma, caro Cicerone, bietole e malve combattono la stitichezza e oggi in una dieta povera di fibre, ne abbiamo bisogno!

Ma è il naturalista famoso dell’Antica Roma, Plinio il Vecchio del I secolo a citare la Bietola nell’opera Naturalis Historia nel Libro XIX.

118 “aliquid et seminum aetas confert, quoniam recentia maturius gignunt in porro, gethyo, cucumi, cucurbita, ex vetere autem celerius proveniunt apium, beta, cardamum, cunila, origanum, coriandrum. mirum in betae semine: non enim totum eodem anno gignit (si parla della produzione nell’arco dell’anno e del successivo).”

132 “Beta hortensiorum levissima est. eius quoque a colore duo genera Graeci faciunt, nigrum et candidius, quod praeferunt — parcissimi seminis — appellantque Siculum, candoris sane discrimine praeferentes et lactucam. nostri betae genera vernum et autumnale faciunt a temporibus satus. quamquam et Iunio seritur; transfertur autumno planta.”

Degli ortaggi la bietola è la più leggera (levissima)”, con i due generi coltivati dai Greci e con la specie dei Romani che si coltiva in primavera e in autunno e si pianta anche in giugno, ad attestare la coltivazione della Bietola durante tutto l’anno.

La bietola “plebea” di Marziale

Marziale Epigrammi Liber XIII, XIII

Ma il poeta romano Marco Valerio Marziale del I sec. scrive negli Epigrammi che le bietole erano un cibo volgare consumato da operai, da artigiani (fabrorum), sminuendo il loro valore e ritenendole insipide (“fatuae”).

L’epigramma 13 del Libro XIII intitolato alle Bietole, “Betae” riporta:

Ut sapiant fatuae, fabrorum prandia, betae,

O quam saepe petet vina piperque cocus!

O quanto vino, quanto pepe deve chiedere il cuoco

 per dare sapore alle bietole insipide, cibo da fabbri!

Ma, caro Marziale, da Maestro del Secondo Millennio, ti dico che le bietole sono insipide perché leggere e che noi diamo sapore col pomodoro che la tua epoca non conosceva. Sapessi quanto sono gustose con l’aggiunta poi di olio d’oliva crudo!

Un suo collega dell’Antica Roma, Persio, nella Satira III, 114, ricalca “la bietola plebea” (betam plebeiam): tenero latet ulcus in ore, putre quod haut deceat radere beta.

L’autore raccomanda di non irritare una eventuale ulcera in bocca, masticando la bietola plebea.

Ma cari scrittori dell’Antica Roma, noi apprezziamo il fatto che le bietole siano un cibo “volgare”, cioè consumato dal popolo, sia da Plebei che da Nobili, perché oggi siamo in Democrazia!

La ricetta delle bietole nel cuoco Apicio dell’Antica Roma

Vogliamo concludere questa storia letteraria porgendo con il cuoco Apicio dell’Antica Roma un piatto di bietole scritto nel suo famoso ricettario, De Re Coquinaria (L’Arte Culinaria), al Libro IV, 4, 2 con la Tisana Barrica.

Ubi bene bullierit, olei satis mittis et super viridia concidis porrum, coriandrum, anethum, feniculum, betam, malvam, coliculum mollem. haec viridia minuta concisa in caccabum mittis”.

Quando ha bollito bene mettici abbastanza olio e sopra tagliaci il verde dei porri, del coriandolo, dell’aneto, del finocchio, della bietola, della malva, del cavolo tenero; spezza minutamente queste verdure e mettile in una pentola.

Lo stesso cuoco Apicio al Libro III, XI, 2, intitolato Betas suggerisce le bietole lessate: aliter betas elixas.

Sono trascorsi duemila anni di storia e le bietole di Puglia e d’Italia, approdate oggi a RAI UNO, sono buone e salutari, soprattutto perché leggere, ricche di acido folico, di ferro, di sali minerali come il Potassio e, cari bambini diffidenti del verde, preziosi elementi delle verdure, delle “viridia” della dieta mediterranea. Condite col pomodoro e con olio d’oliva e…

buon piatto di bietole per tutto l’anno!

Maestro Giuseppe Di Nunno da Canosa di Puglia e da Loconia. 

Domenica, 11 marzo 2018